Preghiera continua

La preghiera continua è una disciplina spirituale che impegna le facoltà interiori dell’anima e tocca centri precisi del cervello. Lo scopo è acquisire la calma interiore necessaria rimanere in uno stato di veglia spirituale costante, alla presenza di Dio.
Questa forma di preghiera è già menzionata negli insegnamenti dei primi Padri del Deserto d’Egitto.
Ne parlano Macario il Grande e abba Isacco, discepolo di Antonio. Era costitutiva di una delle tradizioni ascetiche più importanti tra quelle che i padri avevano ricevuto dai loro predecessori.
Stare sempre alla presenza di Dio ha effetti generanti sulle facoltà dell’anima e della mente, come testimoniato da molte donne e uomini santi che hanno fatto dell’orazione continua il loro vero alimento soprattutto non vivendo nella quiete di un eremo. Una per tutti, Madre Teresa di Calcutta.

Il fondamento biblico della preghiera continua

L’invocazione del Nome di Gesù è una modalità di preghiera antichissima, praticata fin dai primi secoli del Cristianesimo dai monaci ritiratisi nel deserto. Le sue radici affondano nella Bibbia, nelle grida disperate di quanti avevano bisogno dell’aiuto del Signore per essere guariti nello spirito e nel corpo. «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!» (Lc 18,39), urlò a squarciagola il cieco desideroso di riavere la vista, e non solo quella degli occhi di carne.
Israele era convinto che il Nome di Dio avesse la stessa potenza di Dio, perché è la Sua manifestazione sonora; la prima comunità cristiana estese questa fede al Nome di Gesù, il Salvatore del mondo: «Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,17-18). A testimonianza di questo, Pietro rimise in piedi uno storpio: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!» (At 3,6). I nostri padri ci hanno trasmesso la fede che «in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4,12). La Preghiera di Gesù si è sviluppata soprattutto nell’oriente cristiano, ma negli ultimi decenni si è diffusa anche nella Chiesa Cattolica occidentale, grazie alla pubblicazione di un piccolo libro: I racconti di un pellegrino russo.

Breve storia della preghiera continua

La preghiera continua è associata nel mondo cristiano orientale all’importanza accordata all’hesychìa (tranquillità), che si amplifica progressivamente fino a raggiungere uno dei suoi vertici negli insegnamenti di Isacco ll Siro, vescovo di Ninive, verso la fine del VII secolo.
Gli elementi frammentari di questi insegnamenti furono raccolti in una dottrina sistematica solo con l’arrivo di Simeone il Nuovo Teologo (1022) e poi di Gregorio il Sinaita, che li organizzarono in una dottrina mistica di tipo specificamente bizantino.
Gregorio il Sinaita, seguito dal discepolo Callisto che diverrà patriarca di Costantinopoli, la introdusse al Monte Athos alla fine del XIII secolo e fece della preghiera continua una pratica mistica fondamentale nella tradizione bizantina, dopo aver raccolto la quasi totalità delle parole dei padri riferite a questo argomento, ordinandole, spiegandole e commentandole.
Con il soggiorno di Nil Sorskij al Monte Athos, nella seconda metà del XV secolo, si aprì una porta molto ampia per l’impiantazione in Russia della preghiera continua.
Tutta l’eredità orientale antica, con le sue ricchezze, si trovò trasferita ai padri russi che rivaleggeranno in ardore per applicarla con amore, fedeltà e devozione. Ormai, questa pratica occuperà un posto molto importante nella vita delle generazioni successive, come ci si può rendere conto leggendo i Racconti di un pellegrino russo. Ma, lasciando il deserto d’Egitto, suo luogo d’origine, la preghiera continua perse buona parte della sua semplicità originaria; chi la praticava nei primi secoli, viveva spontaneamente in profondità i suoi effetti spirituali senza esaminarne il come; ne raccoglieva i frutti senza che ciò suscitasse in lui ambizioni spirituali.
Questa forma di preghiera è dunque passata da un’umile pratica ascetica a una sistematizzazione mistica elaborata, provvista di discipline proprie, proprie condizioni, gradi e risultati. L’orante può prendere coscienza di tutto ciò ancor prima di cominciare a praticarla.
Il che, naturalmente, non ha mancato di attribuire al metodo una buona parte di complessità, accresciuta da una dannosa mancanza di naturalezza. Nondimeno, la preghiera continua ha sempre i suoi adepti e i suoi praticanti esperti e, su coloro che l’amano, non cessa di versare in abbondanza i suoi effetti benefici, le sue grazie e le sue benedizioni. L’autore stesso confessa i benefici di questa preghiera per quanto lo riguarda personalmente.

– Ravvivare il sentimento di essere alla presenza di Dio che vede tutto ciò che facciamo e sente tutto ciò che diciamo.
– Tentare di parlargli di tanto in tanto, con brevi frasi che traducano il nostro stato del momento.
– Associare Dio ai nostri lavori domandandogli di essere presente alle nostre attività, rendendone a lui conto dopo averle concluse, ringraziandolo in  caso di riuscita, dicendogli il nostro rammarico in caso di fallimento, cercandone le ragioni: ci siamo forse allontanati da lui o abbiamo omesso di chiedere il suo aiuto?
– Cercare di percepire la voce di Dio attraverso i nostri lavori. Molto spesso egli ci parla interiormente ma non essendo attenti a lui, perdiamo l’essenziale dei suoi orientamenti.
– Nei momenti critici, quando riceviamo notizie allarmanti o quando siamo assillati, chiediamogli subito consiglio; nella prova egli è l’amico più sicuro.
– Non appena il cuore comincia a irritarsi e i sentimenti ad agitarsi, volgiamoci a lui per calmare la nefasta agitazione prima che invada il nostro cuore; invidia, collera, giudizio, vendetta, tutto ciò ci farà perdere la grazia di vivere alla sua presenza, perché Dio non può coabitare con il male.
– Tentare per quanto possibile di non dimenticarlo, tornando subito a lui, non appena i nostri pensieri sono colti in flagrante reato di vagabondaggio.
– Non intraprendere un lavoro o dare una risposta prima di aver ricevuto una sollecitazione da Dio. Questa diventa sempre meglio discernibile a misura della fedeltà del nostro cammino alla sua presenza e della nostra determinazione a vivere con lui.

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